News

AI e IT: dovremo diventare tutti programmatori?



Intelligenza artificiale e machine learning sono ormai due strumenti imprescindibili nell’universo dell’IT, due ambiti destinati a diventare il traino dell’intero settore nei prossimi anni. D’altronde, la loro presenza già oggi è ubiquitaria: sia lato software, ad esempio con i tool di tracciamento e analisi, che lato hardware. Basti pensare come i principali produttori di processori - fra tutti Apple e Qualcomm sul mondo mobile - abbiano introdotto specifici core dedicati all’AI e al machine learning direttamente sulle loro CPU. Ma l’espansione inarrestabile di questi strumenti significa che tutti dovremmo diventare programmatori?
Certamente la sempre maggiore dipendenza dall’intelligenza artificiale e dal machine learning rendono il coding - ovvero la programmazione - una competenza utile per tutte le professioni dell’IT. Non solo per coloro che ricoprono posizioni più tecniche, come gli sviluppatori, ma anche per occupazioni più creative, dai grafici agli esperti di marketing. Eppure, la necessità di trasformare ogni professionista in programmatore non è così immediata come di primo acchito si potrebbe pensare.
 
AI e machine learning: perché tanta attenzione
Tutte le principali aziende tecnologiche mondiali, dai produttori di hardware alle software-house, hanno deciso di sposare senza riserve la rivoluzione introdotta dall’intelligenza artificiale e dal machine learning. L’AI poiché permette di automatizzare operazioni che richiederebbero invece grande dispendio di energie e di tempo se condotte da umani, il machine learning per la sua versatilità. Questo strumento permette infatti alla stessa intelligenza artificiale di acquisire autonomamente competenze nel tempo, con un approccio di testing e verifica continuo, anche osservando il comportamento dell’utente e cercando di anticiparne le necessità.

Le due tecnologie sono così pervasive, tanto da aver letteralmente stravolto l’universo dell’IT in pochissimi anni: oggi un comune smartphone, ad esempio, può compiere operazioni automatiche ritenute impensabili soltanto cinque anni fa. E così per tutte le altre soluzioni hardware e software: dal frigorifero autonomamente in grado di effettuare ordini quando le provviste iniziano a scarseggiare ai tool di monitoraggio delle campagne pubblicitarie, in grado di adattare istantaneamente la comunicazione in base ai desideri volatili del target.

Non stupisce, di conseguenza, vi sia tanta attenzione per questi nuovi settori dell’IT: rendono possibili funzionalità un tempo ritenute impossibili, velocizzano il lavoro, generano valore continuo sia a livello di tempo che di guadagno.
 
Tutti programmatori? Non proprio
Per quanto apprendere delle competenze di coding sia decisamente auspicabile per una carriera di successo all’interno dell’IT, tanto che da tempo si ragiona se introdurre la programmazione di base come materia di studio nelle scuole dell’obbligo, il mercato si sta in realtà orientando verso l’approccio opposto. Sono infatti sempre più popolari le soluzioni “low-code” e “no-code”, affinché la comodità di AI e machine learning sia disponibile a tutti.

Questa nuova corrente parte da un importante presupposto: pretendere che tutti i professionisti che animano l’universo dell’IT, anche i più periferici, scendano a patti con una programmazione complessa fatta di algoritmi è decisamente utopico. Gestire l’AI e il machine learning a livello di codice è infatti estremamente difficile e richiede anni di esperienza, tempo da dedicare al testing e una certa predisposizione personale. Servono quindi figure specifiche che si occupino unicamente di questo, liberando gli altri professionisti da quel che potrebbe apparire come un ostacolo insormontabile.
 
L’approccio “no code” - oppure il “low code”, dove al professionista sono richieste solo competenze basiche di programmazione - offre a tutti la possibilità di approfittare dei benefici di AI e machine learning senza però stress e grandi investimenti. Nella sostanza, si tratta di piattaforme che permettono di sviluppare soluzioni software senza dover scrivere una singola riga di codice, grazie a un’interfaccia grafica guidata. Una sorta di “mattoncini Lego” in digitale, che l’utente combina grazie a una GUI semplificata e che la piattaforma poi traduce in codice.
 
Ad esempio, una piccola impresa priva di programmatori esperti potrà realizzare in pochi click una soluzione per catalogare in modo intelligente i file memorizzati sul cloud, senza mettere mano a nessun codice. Ancora, un esperto di marketing online potrà elaborare rapidamente un tool di tracciamento degli utenti, mentre un commerciante potrà realizzare a competenze zero uno strumento per gestire il database dei prodotti in vendita e automatizzare l’inventario.
 
Appare quindi abbastanza chiaro come l’ascesa dell’AI non costringerà tutti a divenire programmatori ma, al contrario, renderà accessibili i benefici del coding anche a coloro che non dispongono di specifiche competenze.